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Risparmio Idrico in Agricoltura: come limitare gli sprechi
News _ 19 Gennaio 2018
L’acqua è vita. Gestire bene questa risorsa è fondamentale per i processi agricoli. Per ottenere risparmio idrico in agricoltura è necessario agire contemporaneamente su due fronti: ridurre i consumi e preservare le risorse. Vediamo insieme come si può procedere in tal senso.
Gli Assiro Babilonesi sono stati i fautori di una grande civiltà che ha saputo, per prima, creando una rete irrigua stupefacente, superare per secoli i problemi di un cambiamento climatico che ha progressivamente trasformato una terra fertile (la Mesopotamia) in un ambiente semi-arido. Oggi, noi come loro, ci troviamo a fronteggiare cambiamenti climatici non trascurabili che incidono negativamente sulla distribuzione delle piogge, sia nell’arco di un anno e sia negli anni, sulla quantità, sulla loro efficacia.
La siccità si manifesta in quei luoghi e in quei periodi nei quali l’evapotraspirazione, cioè la somma dell’acqua vaporizzata in atmosfera per evaporazione diretta dal suolo e per traspirazione dalle piante, è superiore alle disponibilità idriche del terreno. Ovviamente l’evapotraspirazione è molto più intensa nel periodo estivo durante il quale, per controbilanciare la perdita di acqua, è necessario disporre di un’ampia riserva nel terreno o sperare in piogge adeguate per abbondanza e frequenza.
Quando le piante non trovano nel suolo esplorato dalle loro radici acqua (libera) sufficiente per controbilanciare la traspirazione, entrano in una fase di stasi anabolica (cioè smettono di produrre), avvizziscono e infine disseccano. Alcune piante, quelle che si sono evolute in ambienti poveri d’acqua, dispongono di meccanismi che le consentono di risparmiare acqua e di sopravvivere a periodi di siccità. Ad esempio l’olivo è caratterizzato da foglie molto particolari e un apparato radicale esteso: con le prime riesce a compiere gli scambi gassosi riducendo di molto la perdita d’acqua e con le seconde è in grado di esplorare enormi volumi di suolo e di raggiungere in profondità eventuali riserve idriche. Altre piante, invece, dispongono anche di meccanismi fisiologici che le rendono capaci di estrarre acqua dal terreno con maggiore “forza” o in grado di accumularla nei tessuti quando questa è abbondante.
Nelle piante coltivate, alcune specie e, all’interno di ciascuna specie, alcune varietà sono più resistenti di altre, ma in genere hanno tutte la necessità di avere buone disponibilità idriche. Ad esempio sorgo e girasole sono più resistenti di mais e soia. In genere le piante di origine mediterranea hanno maggiori capacità di resistere alla siccità di quelle del centro-nord Europa. Esistono però strategie diverse: ad esempio i frumenti, grazie al loro ciclo autunno primaverile, riescono a sfuggire alla stagione estiva, più secca.
La quantità d’acqua che può contenere un suolo dipende dalla sua tessitura (rapporto fra sabbia, limo, argilla), dal contenuto di sostanze organiche umide, dalla struttura. I terreni argillosi ben strutturati, cioè dotati di una buona rete di micropori, e con una buona dotazione di humus sono quelli capaci di trattenere più acqua, viceversa i sabbiosi meno. In un terreno l’acqua si può trovare in tre distinti stati: assorbita dalla matrice colloidale del suolo (e in questo caso è poco o per nulla disponibile per le piante poiché è trattenuta con un’elevata tensione generata da legami chimici); invade e occupa i micropori per capillarità (e in questo caso la tensione con cui è trattenuta nel suolo è generata solo da fenomeni fisici, è molto inferiore alla precedente ed è quindi sempre disponibile per le piante); colma i macropori e in questo caso è soggetta a fenomeni gravitazionali, cioè tende ad andare in profondità man mano che si libera “spazio”. I primi due stati definiscono la capacità di campo, tutti e tre la capacità idrica massima che corrisponde a uno stato di saturazione (tipico dei fenomeni di ristagno idrico).
L’innalzamento globale della temperatura determina un incremento dell’evapotraspirazione potenziale e una modifica nei regimi di pioggia, cioè una modifica della frequenza e dell’intensità delle piogge e della quantità complessiva che cade in una determinata regione. La combinazione di questi due aspetti sta causando un’estensione delle aree semi-aride e di quelle aride e inoltre genera maggiore incertezza.
L’agricoltore deve porre in essere strategie di risparmio idrico per tesaurizzare e valorizzare questa risorsa favorendo l’accumulo nel suolo, evitando la salinizzazione del terreno, scegliendo specie e varietà idonee, adottando un sistema irriguo efficiente. Queste attività rientrano nell’ambito dell’agricoltura sostenibile.
Risparmio idrico: accumulare acqua nel terreno
Due le condizioni per raggiungere quest’obiettivo: favorire l’infiltrazione dell’acqua, in modo che non scorra via attraverso la rete scolante, e migliorare la capacità di campo del terreno, cioè il volume immagazzinabile.
Quando si lavora il terreno lasciando esposte all’aria le zolle, si determina una perdita consistente di acqua dal suolo, soprattutto se ciò avviene in stagioni caratterizzate da evapotraspirazione medio-alta. L’intento di favorire con questo metodo di lavorazione una maggiore infiltrazione non sempre sortisce effetti positivi, almeno nei climi semi-aridi, perché non tutti gli anni le piogge riescono a ricostituire le riserve così depauperate. Si può dire che con questo metodo la perdita d’acqua è certa, mentre incerto è il suo ripristino. Non ideale in un’ottica di obiettivi di risparmio idrico, quindi.
Più efficaci in tal senso sono quei metodi di lavorazione che lasciano il terreno assestato, come prevedono le minime lavorazioni conservative. In questo caso anche la presenza di residui colturali in superficie contribuisce a ridurre l’evaporazione e, nel caso di piogge intense, lo scorrimento superficiale dell’acqua. Se l’acqua scorre lentamente sul campo, ha maggiore tempo per penetrare al suo interno. Nelle lavorazioni convenzionali o semi-convenzionali è opportuno far seguire, dopo la lavorazione principale, un intervento di assestamento del suolo che assolva anche allo scopo di limitare la superfice esposta all’aria e quindi all’evaporazione.
Un’altra buona pratica per favorire il risparmio idrico, puntando al mantenimento del terreno coperto, è l’inserimento nel proprio ciclo produttivo delle cover crops, in modo da non lasciare il terreno nudo tra una coltura e l’altra.
Per favorire l’infiltrazione profonda e, quindi, aumentare la capacità di ritenzione del terreno, è opportuno, nei terreni tenaci, evitare le lavorazioni che producono suola di lavorazione, evitare il calpestamento del terreno e tantomeno la formazione di ormaie, eseguire saltuariamente (ogni due o tre anni) delle ripuntature con attrezzature ad ancore dritte o ricurve lateralmente.
Infatti la suola di lavorazione rallenta, sino ad impedire, l’infiltrazione dell’acqua negli strati sottostanti, riducendo il volume di terreno disponibile come serbatoio. Oltre a questo, altera i movimenti della falda freatica e la risalita capillare dell’acqua. Il calpestamento del terreno ostruisce i macropori, che sono le vie attraverso le quali l’acqua può infiltrarsi con rapidità nel suolo, e riduce i micropori, che sono i veri serbatoi del suolo. Il susseguirsi tra azioni di compattamento e lavorazioni per il ripristino (temporaneo) della porosità porta in breve tempo alla sua destrutturazione con conseguente perdita della microporosità. La soluzione ottimale per ottenere risparmio idrico prevede di limitare il calpestamento e ridurre le lavorazioni.
Risparmio idrico: mantenere l’acqua nel terreno
Una volta infiltrata nel terreno, l’acqua deve essere protetta per evitare che l’evaporazione depauperi questa preziosa riserva.
Durante l’estate, o comunque nei periodi di non coltivazione, è utile eseguire una lavorazione molto superficiale con lo scopo di interrompere la risalita capillare dell’acqua favorendo la formazione di uno strato di terreno superficiale asciutto di pochi centimetri a protezione di quello più profondo, ancora caratterizzato da una certa umidità. Nelle colture a file spaziate vanno rivalutate le operazioni di sarchiatura che appunto, eliminando la crosta superficiale, interrompono la risalita dell’acqua per capillarità, preservando la risorsa idrica nel terreno.
La pacciamatura con materiale vegetale o film biodegradabili, in ottica di risparmio idrico svolge un’azione molto importante. Infatti, oltre a impedire la crescita d’infestanti (che potrebbero incidere negativamente sulla riserva d’acqua del suolo) limita enormemente l’evaporazione diretta dal terreno. È quindi una pratica che permette di valorizzare le scorte d’acqua del terreno e quando, com’è uso, è abbinata a sistemi irrigui a manichetta, ridurre il consumo d’acqua d’irrigazione.
Durante la preparazione del letto di semina, formare aiuole rilevate sul piano di campagna (le cosiddette porche di coltivazione) mette a disposizione della coltura un terreno caratterizzato da un gradiente di umidità idoneo allo sviluppo delle radici anche durante i periodi piovosi. La coltura potrà così sviluppare un apparato radicale più consistente, capace di esplorare una maggiore quantità di terreno, superando con maggiore facilità i successivi periodi di siccità. L’abbinamento fra pacciamatura e aiuole rilevate garantisce condizioni di coltivazione ottimali.
La sostanza organica migliora sia la capacità idrica del suolo, sia l’infiltrazione. Grazie alla sua capacità di idratarsi e, soprattutto, grazie all’azione legante delle particelle del suolo, costituisce agglomerati più stabili preservando la porosità del terreno. Per questi motivi, tutte le pratiche di gestione del suolo che tendono a incrementare il contenuto di sostanza organica contribuiscono a migliorare la capacità idrica del terreno e ad aumentare, quindi, il risparmio idrico complessivo.
Per tutelare le risorse idriche del suolo e ridurre la traspirazione delle piante è utile, spesso indispensabile, realizzare barriere frangivento. Queste possono essere costituite da siepi arboree o arbustive che contribuiscono anche a ridurre gli effetti dell’erosione eolica, fenomeno non trascurabile in diversi siti italiani.
Risparmio idrico: scegliere il giusto sistema d’irrigazione
L’irrigazione consente di sopperire alla mancanza d’acqua nelle fasi di sviluppo e di produzione della coltura. In Italia sono circa 4,7 milioni gli ettari soggetti a irrigazione, dei quali il 70% ubicati al nord, il 9% al centro e il 21% al sud. L’acqua è prelevata per il 67% da fiumi, per il 27% da riserve sotterranee e per il 6% da serbatoi artificiali.
In agricoltura, con sempre maggiore frequenza, si manifestano annate siccitose durante le quali il fabbisogno di acqua supera le risorse a disposizione della comunità. Perfino nella pianura padana molti bacini irrigui nel corso delle estati siccitose entrano in crisi per mancanza d’acqua. La causa va ricercata anche nell’ancora diffusa adozione di sistemi irrigui poco efficienti, dove per efficienza intendiamo il rapporto fra la quantità d’acqua utilizzata dalla coltura e la quantità d’acqua prelevata dalla pompa. Meno un sistema è efficiente, meno è probabile raggiungere obiettivi di risparmio idrico.
I sistemi con l’efficienza irrigua più bassa sono quelli per sommersione (25%) e per scorrimento (30-40%, se eseguita per solchi l’efficienza può raggiungere il 50%) e provocano inoltre una significativa lisciviazione dei nutrienti.
I sistemi irrigui per aspersione, detti anche a pioggia, sono caratterizzati da un’efficienza compresa fra il 70 e l’80%. Richiedono molta energia poiché l’acqua è espulsa ad alta pressione. Possono essere impianti fissi (come nei frutteti, dove però svolgono anche funzioni di mitigazione delle temperature) o più spesso mobili basati sul rotolone, pivot o ranger.
I sistemi d’irrigazione più efficienti sono quelli che distribuiscono l’acqua in modo localizzato (85-90%), cioè in prossimità della pianta, vicino al suolo o direttamente al suo interno. In tal modo sia il contatto con l’aria e sia il tempo trascorso dalla fuoriuscita dalla tubazione e il raggiungimento del bersaglio, sono molto ridotti. Inoltre, rispetto ai metodi per aspersione, tutta l’acqua raggiunge il terreno anziché depositarsi sulla parte epigea della pianta dove evapora con grande facilità. Le perdite per evaporazione diretta sono quindi molto basse e contribuiscono a migliorare l’efficienza. Esistono molte soluzioni che consentono di adottare questo sistema su impianti e macchine convenzionali, sostituendo il distributore a pioggia con dispositivi che portano sotto chioma o direttamente al suolo l’acqua.
La scelta del sistema di irrigazione è complessa e va condotta in funzione non solo delle esigenze della coltura e la disponibilità di acqua, ma anche delle caratteristiche del suolo (importanti sono la tessitura e l’infiltrazione) e la qualità dell’acqua utilizzata. Infatti, è necessario conoscere il grado di salinità dell’acqua irrigua e la quantità di sodio presente e in funzione di questi parametri e della piovosità, scegliere e gestire il sistema in modo da evitare l’accumulo di sali nello strato esplorato dalle radici.
In conclusione
Come abbiamo detto nelle prime righe di questo articolo, l’acqua è vita: ognuno di noi, nel proprio piccolo, deve impegnarsi ad utilizzarla responsabilmente cercando di limitarne gli sprechi.
Darsi degli obiettivi in termini di risparmio idrico in agricoltura è una scelta a cui, prima o dopo, tutti dovremo arrivare. Le soluzioni tecnologiche ci sono, le tecniche di lavorazione anche. Perseguire questi obiettivi, oltre a portare a benefici ambientali, aumenterà la produttività della tua azienda agricola. Un terreno ben idratato sarà un ottimo punto di partenza per ottenere produzioni più elevate.
Speriamo di esserti stati utili con questo articolo e di averti fornito alcuni importanti spunti di riflessione. Se dovessi avere qualche dubbio o domanda aggiuntiva, non esitare a contattarci! Un nostro esperto Forigo sarà felice di darti tutte le informazioni di cui hai bisogno.
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