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Stanchezza del Terreno: le Cause e i Rimedi dell’Esperto
News _ 5 Dicembre 2017
Succede nei fondi agricoli come negli orti: progressivamente, anno dopo anno, la produzione cala nonostante la tecnica di coltivazione rimanga la stessa. Questo è il tipico effetto di ciò che gli agronomi definiscono, apoditticamente, “stanchezza del terreno”, cioè una perdita di fertilità del suolo per cause non precisate. Vediamo nel dettaglio quali sono le sue cause e come porvi rimedio.
La stanchezza del terreno è un fenomeno più diffuso di quanto si possa pensare perché non sempre la riduzione di produzione è tale da allarmare l’agricoltore.
Le sue cause possono essere molte, sostanzialmente riconducibili a tre principali: riduzione nella disponibilità di elementi nutritivi; presenza di essudati radicali nel terreno; presenza straordinaria di patogeni e parassiti non visibili a occhio nudo.
Nell’agricoltura contemporanea, dove il livello delle concimazioni è sempre elevato, è difficile ascrivere la stanchezza del terreno a una mancanza di qualche macroelemento. Più facile, ma comunque raro, che si possa rilevare un’insufficiente disponibilità di uno o più microelementi. In questo caso la pianta manifesta una sintomatologia che permette di riconoscere la carenza nutritiva e porvi rimedio. Siccome è facile intervenire con le concimazioni con micro e macro-elementi, di fronte a una riduzione di vigoria della coltura, il tecnico consiglia questo genere di intervento che però raramente sortisce gli effetti sperati.
Le radici delle piante instaurano rapporti molto complessi con il terreno. Ad esempio rilasciano sostanze per favorire lo sviluppo di microrganismi benefici ed emettono sostanze per “scoraggiare” lo sviluppo di radici da parte d’individui appartenenti alla stessa specie o a specie simili. Queste sostanze, dette allelopatiche, hanno talvolta una degradazione lenta e possono perdurare nel terreno per lungo tempo. Alcune specie coltivate sono, sotto questo profilo, più efficienti: fra le orticole, peperone, patata e in genere tutte le solanacee, fra i fruttiferi, melo, noce e le drupacee in genere, fra le infestanti, i Cyperus, il sorgo, la gramigna, fra le colture estensive le leguminose, anche se in misura minore rispetto alle precedenti specie.
La terza causa è riconducibile alla massiccia presenza di uno o più patogeni e parassiti delle colture. Il fenomeno è imputabile a una gradazione (cioè a un repentino aumento) di questi organismi dovuto alla reiterazione sullo stesso fondo della medesima coltura senza rispettare un congruo numero di anni prima di ripeterla. Questo è vero soprattutto per certe colture come il pomodoro, la patata, la barbabietola da zucchero, il tabacco ecc. cioè per quelle colture che annoverano molti parassiti specifici e aspecifici.
Il suolo
Spesso, però, la stanchezza del terreno si manifesta con evidenza solo quando le condizioni agronomiche del suolo sono deteriorate. Cerchiamo di capire perché.
La degenerazione chimico-fisica del terreno è innescata da una perdita di porosità e da una drastica riduzione nel contenuto di sostanza organica. Soprattutto su terreni limosi e argillosi, gli effetti del calpestamento sono deleteri perché riducono meccanicamente la porosità del terreno. Minori scambi gassosi con l’atmosfera, frequente ristagno idrico, più gravi gli effetti della siccità, conducono verso l’acidificazione del suolo e all’alterazione dei normali cicli biologici. L’agricoltore in genere risponde con lavorazioni del terreno più intense, generando una spirale causa effetto negativa sul lungo periodo. Infatti, quando la lavorazione principale è affidata all’aratro, si realizza una eccessiva ossigenazione del suolo che, da un lato, contrasta positivamente i fenomeni di asfissia, ma dall’altro porta all’ossidazione dell’humus e a una riduzione della biomassa vivente presente nel terreno. La riduzione degli apporti di sostanza organica contribuisce ad accelerare l’impoverimento del terreno.
Poca sostanza organica, ridotta attività microbiologica, totale perdita della naturale struttura del terreno, lavorazioni intense frequenti per ripristinare la porosità rappresentano condizioni ideali per la gradazione di specie parassite e patogene. A questo si aggiunga la riduzione della capacità del terreno di trattenere e scambiare gli elementi nutritivi con l’acqua che circola nel suolo (soluzione circolante) e, quando si verifica una variazione del pH del terreno, anche una alterazione della chimica del suolo con effetti anch’essi negativi sulla disponibilità di nutrienti.
Il terreno ben gestito, nei primi 20-40 cm è ricco di vita: oltre ad una macro-fauna rappresentata soprattutto dai lombrichi (che Darwin considerava l’organismo più utile all’uomo e all’ecosistema e al quale ha dedicato gran parte delle sue ricerche) e da numerosi artropodi, sono presenti nematodi, acari, funghi e batteri. Le specie presenti possono essere utili, instaurando rapporti diretti e benefici con le radici delle colture, apparentemente indifferenti, dannosi o potenzialmente dannosi per le colture. Quando il terreno è ricco di specie la naturale competizione tende a tenere a freno lo sviluppo di alcune. Tale fenomeno si chiama omeostasi ecologica ed è uno dei meccanismi con il quale un qualsiasi ecosistema impedisce che una specie prevalga numericamente sulle altre e arrivi a dominare l’ambiente in cui vive. Quindi in un terreno ricco di biodiversità è più difficile che un determinato parassita possa svilupparsi in misura abnorme ed è più difficile che possa mantenere a lungo negli anni la sua presenza in assenza della coltura che colpisce.
Un terreno microbiologicamente attivo è inoltre in grado di decomporre più rapidamente le sostanze allelopatiche emesse dalle piante e in tal modo renderle inefficaci.
Sul terreno agricolo mantenere elevata la biodiversità e incrementare il contenuto di sostanza organica è possibile solo adottando pratiche di gestione che riducano il disturbo arrecato al suolo, che incrementino la disponibilità di materiale vegetale sul campo, garantiscano la copertura del terreno, che favoriscano il mantenimento di una equilibrata porosità, limitino le concimazioni chimico-minerali alle effettive esigenze della coltura. Un percorso difficile che impone una revisione critica nella gestione dei processi colturali e che può essere facilitato introducendo tecniche proprie dell’agricoltura di precisione e dell’agricoltura conservativa.
Stanchezza del terreno: Prevenirla è meglio che curarla
Per prevenire la stanchezza del terreno è necessario far proprie le indicazioni fornite dalla moderna agronomia che possiamo riassumere in questo modo:
- Avvicendare le colture alternando specie appartenenti a famiglie botaniche diverse;
- Intervallare in modo corretto quelle più soggette ad attacchi parassitari;
- Inserire cereali a paglia e/o mais nella rotazione (colture che producono grandi quantità di residui colturali);
- Abbandonare la bruciatura delle stoppie (peraltro vietata) lasciando sul campo i residui colturali prodotti dai cereali;
- Seminare colture da sovescio o cover crops;
- Eseguire concimazioni equilibrate e, quando possibile, ricorrere a concimazioni organiche;
- Evitare il compattamento del terreno equipaggiando i mezzi agricoli con idonei sistemi di propulsione (cingoli, ruote a bassa pressione, ruote gemellate);
- Adottare pratiche di lavorazione del terreno che riducano il disturbo arrecato al terreno, preferendo l’uso di utensili a dischi e ancore rispetto al versoio, cioè sostituire l’aratro con decompattatori e attrezzi ad ancore dritte.
In orticoltura non è facile ottemperare a queste indicazioni se non si dispone di superfici e macchine per orticoltura ideali.
Come rimediare
Difronte a un fenomeno di stanchezza del terreno è importante individuare le cause che l’hanno generato. Il bravo tecnico, come il medico, inizierà ad indagare cosa si è fatto nel passato (anamnesi), esaminerà le radici delle piante e il loro colletto alla ricerca di possibili patogeni (nematodi? Funghi? …) e nella porzione aerea della pianta verificherà eventuali sintomi specifici. Poi formulerà una terapia, ma i rimedi in questi casi sono sempre “dolorosi”.
Il primo ineluttabile passo consisterà nel sospendere la coltivazione di quella coltura (o quelle colture) sulla quale la stanchezza del terreno ha manifestato con maggiore evidenza i suoi effetti.
Il terreno però non va lasciato a riposo, tutt’altro. Infatti, il miglior rimedio è la sua coltivazione con colture idonee al caso. Utilissime le cover crops o colture da sovescio che però vanno scelte in modo oculato. Infatti, quando la causa è di origine biologica (nematodi, funghi, batteri, …) le specie coltivate non dovranno essere in grado di ospitare questi parassiti. Meglio se sono addirittura in grado di contrastarli, come i sovesci di brassicacee che agiscono con discreta efficacia contro i nematodi.
Per alcune cause della stanchezza del terreno sono disponibili strategie di lotta biologica applicabili con costi contenuti. Per altre no.
Se non si può sospendere la coltura diventa inevitabile il ricorso a trattamenti chimici eseguiti al terreno, in genere con prodotti liquidi o solidi ad azione fumigante. L’uso di questi prodotti, che liberano nel suolo isotiocianati, sono soggetti a prescrizioni cogenti da parte della Comunità Europea. In questo caso, il ricorso ad attrezzature in grado di distribuire nei modi e nelle dosi corrette questi prodotti è fondamentale sia per il costo elevato del trattamento, sia per prevenire danni all’ambiente e rispettare le norme europee.
Il Mix Tiller è ancora oggi l’unica attrezzatura in grado di gestire e distribuire questi prodotti nel pieno rispetto delle regole (giustamente) imposte dall’Europa valorizzando la loro azione nel suolo.
Va però ancora richiamata l’importanza della prevenzione. Entrambe le scelte di cura, biologica o chimica, non sortiscono effetti duraturi se non sono accompagnate da una revisione nella gestione del processo produttivo. Una intelligente rotazione delle colture è ancora il metodo più efficace per evitare e per rimediare a questo fenomeno.
Conclusione
In questo articolo abbiamo spiegato in cosa consiste il fenomeno della stanchezza del terreno, quali sono le cause che lo possono generare, quali comportamenti tenere per cercare di prevenirlo e, infine, come porvi rimedio. Come abbiamo anticipato, non sempre è evidente il manifestarsi di questo problema del suolo, poiché le variazioni di produzione possono anche essere minime. Il nostro consiglio è quello di mettere in pratica tutti gli accorgimenti possibili per prevenirlo ed effettuare controlli periodici sullo stato del terreno, in modo da accorgersi con prontezza dell’eventuale sua presenza e porvi rimedio.
Se avessi ancora qualche dubbio a riguardo o volessi ricevere maggiori indicazioni sui rimedi per questo fenomeno, non esitare a contattarci. Il nostro team di esperti Forigo sarà felice di darti tutte le informazioni di cui hai bisogno.
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